Storia

28 Aprile 2021 | Clarita Ferri

La bici: una favola a due ruote.

Mai come in questo periodo storico la bicicletta è ritornata di moda. Vecchie bici risorte dagli angoli di garage impolverati e negozi svuotati di mountain bike: qualsiasi mezzo a due ruote è stato d’aiuto per sfuggire alla reclusione alla quale la pandemia ci ha costretti. Il nostro salvagente per riemergere in superficie e respirare anche solo per qualche ora. E allora ci chiediamo: a chi dobbiamo essere riconoscenti per tutto questo?

A tale proposito non possiamo non menzionare IL genio dei geni: Leonardo da Vinci. Una mente brillante e avanguardista che, con i suoi schizzi su tela, intuisce già nel Quattrocento il potenziale di un mezzo simile a quella che noi oggi conosciamo come “bicicletta”.
Ci vorranno però anni per arrivare ad un prototipo concreto: il “celerifero” in legno, un’invenzione proveniente dalla Francia del 1791. Si tratta di un modello del tutto sperimentale, una specie di macchina dei Flintstones: il celerifero, infatti, necessitava della spinta dei piedi direttamente a terra per muovere le ruote. Un po’ rudimentale, ma geniale.
Passano circa trent’anni e nasce la “draisina” (dal nome del suo ‘papà’, il Barone Karl Von Drais), caratterizzata da due grandi novità: sterzo e cerchioni in acciaio. 
Molti ricorderanno poi il “velocipide”, l’antenato della bicicletta forse più famoso della storia. Due ruote: e che ruote! Quella davanti? Mastodontica. Quella dietro? Decisamente più piccola, forse troppo. Eppure, qualcosa di geniale. E, tra l’altro, con il primo abbozzo di pedali! Una bici esageratamente alta dotata di freni, pedali e manubrio, adatta però solo agli equilibristi più impavidi, perché ancora molto instabile. Ma qui nasce la favola. In questi anni abbiamo le prime gare di velocità, su questi attrezzi particolari e forse goffi agli occhi di qualcuno. Un ulteriore passo avanti giunge dall’Inghilterra: la “Rover Safety” del 1880, la bici più simile a quella moderna, con tanto di catena e ruote con dimensioni meno discutibili del velocipede scozzese, seguita dalla diffusione del primo pneumatico con camera d’aria. Tutta italiana, invece, è la storia del Rampichino, la prima mountain bike firmata tricolore nel 1985. 
Tutte queste piccole grandi evoluzioni sono tasselli fondamentali che porteranno, parallelamente, anche alla nascita di nuove attività come, per esempio, lo spinning, un’invenzione di Jonathan Goldberg del 1989, che unisce motivazione e cardio indoor.

La bici è qualcosa di geniale, brillante, innovativo. Qualcosa che ha cambiato per sempre il nostro stile di vita e che, chissà, potrebbe anche essere la chiave di un futuro più ecosostenibile. Ma c’è chi ha già capito che la bici non è solo un mezzo. È una spalla su cui piangere, un’amica con cui scappare dai problemi, una corda tesa verso la libertà. Avventura, movimento e passione: una favola che nasce da un telaio e due ruote.

Clarita Ferri

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