Federico Falzoni
Segretario della ASD San Paolo Valeggio
NOME: Federico
COGNOME: Falzoni
CLASSE: 1980
RESIDENZA: Valeggio s/M
LAVORO: Impiegato
CARICA: Segretario
SPORT: Calcio, Corsa
HOBBY: Cucina, Viaggi, Fotografia
Federico Falzoni. 40 anni “freschi” come li definisce lui. Segretario da due anni, Federico conosce la San Paolo con il Calcio a 5 e crea un mondo di passioni attorno a sé. “Ho fatto di tutto: dal calcio al tennis, dal nuoto allo squash. Tutti amori fugaci di qualche mese.” Ma Federico è anche quel che si direbbe un validissimo Master Chef: interiorizza l’arte della cucina e la ricerca anche nei suoi svariati viaggi. Un ragazzo in gamba e con la voglia di migliorarsi ogni giorno. In poche parole “un buono, ma orgoglioso e senza pazienza, un eterno Peter Pan che non smette di essere bambino”. Come forse dovremmo essere tutti.
Federico, come procede la tua esperienza da segretario?
“La gestione della segreteria è impegnativa. Non avevo una formazione in questo ambito e ho dovuto ‘mettere le mani in pasta’ seriamente. Ma sono molto contento di far parte di questa associazione. E credo che ci sia ancora molto da dare.”
Sei un tipo sportivo o da scrivania?
“Lo sport mi serve per combattere la mia sedentarietà. Se fosse per me, non mi muoverei dal divano e dalle serie TV. Adoro il relax assoluto. Mi dispiace che non ci sia stato un altro imprinting come quello del calcio. Non ho mai trovato uno sport che mi soddisfacesse fino in fondo, se non la corsa mattutina.”
Cosa fai quando non sei in segreteria?
“Sono un impiegato a Bedizzole, in un’azienda che produce motori elettrici e manuali per tende. Sono addetto all’ufficio pianificazione e quest’anno è stato molto impegnativo soprattutto dal punto di vista mentale.”
Il tuo profilo Instagram è pieno di fotografie di viaggi. Sei un travel blogger?
“Mi piace molto viaggiare lontano. Ho una teoria: visiterò l’Italia solo quando non sarò più in grado di prendere l’aereo, magari in camper: tappa per tappa, senza limiti di tempo. E amo condividere le mie esperienze con foto panoramiche, catturando paesaggi che sembrano smisurati così come l’occhio li vede. Vivo di posti che all’inizio sono commerciali, ma quello che mi piace di più è ritornarci. La prima volta cerchi di infilare tutto ciò che vuoi vedere in una settimana, la seconda invece vivi la cultura di quel posto, senza l’ansia e la frenesia di ‘dover vedere’.”
Quali sono i tuoi scenari preferiti?
“Mi affascinano le metropoli: mi piace vedere il frutto del progresso e dell’evoluzione dell’uomo. Non credo nella reincarnazione, ma una città che sento mia è Los Angeles (anche se ogni volta che ci vado la maledico). Anche in Islanda e in Giappone ho lasciato un pezzo di cuore. Una volta ho fatto Miami – New York in un giorno: da pantaloncini e skateboard in spiaggia, ai -15° di Manhattan nel giro di poche ore. Ovunque vado porto via molto, ma lascio sempre qualcosa.”
Cucina: quando è nata questa vocazione?
“In realtà è una voce dentro di me che non ho mai ascoltato. Quando ero bambino, alle feste di compleanno ero più concentrato sul tipo di patatine o di torta che portavano in tavola, piuttosto che sulla festa in sé. Andando a vivere da solo, poi, sono stato ‘costretto’, fortunatamente, a sviluppare questa passione ed è stata un’enorme scoperta.”
Cosa cucini?
“Di tutto, purché sia qualcosa di nuovo. A meno che non voglia cercare la perfezione in un piatto: allora lo cucino per sei mesi finché non raggiungo il mio obiettivo. Ma più provo e più capisco che non ho ancora trovato la mia identità. Non mi piace né il piatto raffinato, né quello troppo rustico: serve un piatto bello, ma con sostanza. La ‘tradizione alleggerita’ come dico io. Odio cucinare i dolci, ma ho dovuto imparare a farli.”
Quando sei in viaggio, quindi, ricerchi la tradizione anche negli aspetti culinari?
“Assolutamente. Devo provare qualsiasi cosa: dal tipico ramen giapponese a piatti particolari come il panino con sardine e cipolle crude olandese, il pesce essiccato islandese o la carne di orso in Svezia.”
Ti piacerebbe aprire un’agenzia viaggi?
“No. Quelle che oggi sono le mie passioni più grandi non le convertirei mai in un lavoro. Perché se qualcosa andasse storto, perderei doppiamente: un lavoro e una passione.”
Che miglioramenti vorresti vedere nella San Paolo?
“Sicuramente il settore comunicazione. Ad oggi credo che sia il problema più grande. È un po’ come giocare al telefono senza fili: parti con una parola e veramente ne arriva un’altra agli altri. E questa incomprensione, a volte, crea qualche disagio.”
Svolgi altre attività di volontariato oltre a questa?
“No. Ma credo che il volontariato sia qualcosa che ci coinvolge a 360 gradi. Passa per molti piccoli gesti e cortesie che ognuno di noi può fare nel quotidiano. Il mio lavoro alla San Paolo non è niente di diverso da quello che faccio nella vita. Poi anch’io suono il clacson e perdo la pazienza facilmente, ma cerco di impegnarmi in tutte quelle piccole cose che possono fare la differenza.”
Qual è la tua filosofia?
“In ogni cosa che faccio, ricerco sempre la perfezione: punto sempre a ciò che manca. È frustrante. Ma non bisogna mai smettere di imparare e mettersi in discussione ogni giorno. Fare ironia su se stessi e sugli altri è una delle chiavi per vivere bene.”
Clarita Ferri