CHIARA ADAMI

19 Maggio 2021 | Clarita Ferri

Chiara Adami
Istruttrice di Judo della San Paolo Valeggio

NOME: Chiara
COGNOME: Adami
CLASSE: 1989
RESIDENZA: Valeggio s/M
LAVORO: Insegnante di inglese
CARICA: Istruttrice di Judo
SPORT: Judo

Chiara Adami, classe ’89. Una piccolina che “mena”. Come lei stessa ci dice ridendo, non ha “chilometri di gambe”, ma una grande capacità di riflessione e controllo della propria forza, abilità che una disciplina come il judo ha saputo insegnarle. Neofita all’interno della San Paolo, Chiara prende in mano le redini di questo settore forse troppo poco conosciuto, ma di una bellezza spettacolare. Perché il judo è filosofia, rispetto e armonia. E, come dice Chiara, insegna una delle più grandi lezioni di vita: “Cadi 8000 volte, ti rialzi 8001. E qui lo vedi con i tuoi occhi. Becchi legnate che ti inducono ad arrenderti, ma quando sei tu a darle è una grande soddisfazione.”

Chiara, cosa fai nella vita oltre ad essere istruttrice?  
“Sono un’insegnante freelance e tengo corsi di inglese prevalentemente per adulti, ma anche per ragazzi. Ho frequentato il liceo classico a Verona e dopo la scuola ho deciso di fare una pausa di qualche anno. Sono stata in Scozia per lavorare in una comunità di recupero e poi ho ripreso a studiare Lettere per l’Editoria a Brescia. Lo sport mi ha sempre salvato: quell’ora e mezza di allenamento ogni giorno mi toglieva i pensieri e facevo i compiti con la mente libera. Ecco perché nessuno dovrebbe smettere di fare sport solo per studiare.”

Hai gareggiato molto nella tua carriera di atleta?
“In realtà non ho fatto molte competizioni. Sotto pressione non lavoro bene. Quando combatto mi piace studiare la situazione e ci metto del tempo prima di beccare il momento giusto per il contrattacco. La maggior parte degli shido (falli) che ho preso sono stati per passività. Negli ultimi anni ho iniziato ad arbitrare e ora vedo il judo da un’altra prospettiva. I miei colleghi a volte mi prendono in giro perché mi emoziono tantissimo, anche solo ad arbitrare. Quando inizia il combattimento non respiro.”

Perché hai scelto questo sport insolito?
“Me lo chiedo spesso anch’io, non ho ricordi della prima volta che ho provato. Ricordo solo che alle elementari mi divertivo. La lotta è naturale e istintiva nei bambini. Raramente fanno atti sleali. Con il passare del tempo mi piaceva potermi confrontare con persone più forti (essendo questo un ambiente prettamente maschile).”

Per praticare judo devi essere per forza un appassionato della cultura orientale?
“Subito non mi interessava da dove venisse. Cominci ad imparare il vero judo dalla cintura nera in su. Inizi a conoscerti e a conoscere la bellezza delle varie tecniche e di conseguenza ti appassioni di tutta la filosofia che c’è dietro.”

Ti è mai venuta voglia di provare altre arti marziali?
“A volte, ma poi tutto ritorna al judo. Karate, Judo e Taekwondo sono molto diverse fra loro, ma la bellezza di ognuna dipende dai gusti personali. Quest’anno ho provato l’Aikido, una disciplina nella quale si usano le spade, e mi è piaciuto molto. Alla fine sono tutti movimenti di lotta.”

Da quando alleni?
“Dal 2014 io e Franco seguiamo un gruppo di bambini disabili con la propedeutica al judo. Ho imparato tanto e ho avuto l’opportunità di andare in giro per l’Europa: ho fatto uno stage di quattro giorni in Grecia per una formazione con ragazzi con disabilità intellettiva. Sono esperienze che ti cambiano: conosci tante persone che di judo ne sanno parecchio. E queste amicizie insolite sono sfociate in un bel progetto, uno studio finanziato dall’Unione Europea sui benefici del judo per le persone con disabilità. È un grande confronto con grandi maestri. Ora stiamo scrivendo un manuale teorico.”

Quando sei entrata a far parte della San Paolo?
“A gennaio 2020. Franco mi ha spinto ad allenare e, dopo aver ottenuto con grande urgenza il patentino, ho iniziato. Attualmente alleno principalmente gli adulti, ma anche i bambini. Avevamo ricominciato all’aperto qualche mese fa. I vari lockdown sono stati una tragedia per noi.”

Cosa ti piace di più del tuo sport?
“Del judo mi piace questo: ci sono delle forme canoniche e movimenti fissi, ma è tutto molto personalizzabile. Se hai uno o due metri di gamba la questione cambia, ma non significa che tu non possa fare quella mossa.”

Com’è l’ambiente agonistico del judo?
“Ci sono pochi atleti spacconi. L’umiltà è fondamentale. Impari prestissimo che ci sarà sempre qualcuno che mena più forte di te, quindi ci pensi due volte prima di fare lo sbruffone. Voli basso. Anche giudici e arbitri vogliono che gli atleti stiano attenti all’immagine che danno di questo sport. Il saluto al tatami, la mano alla fine dell’incontro… sono regole di rispetto non scritte, ma più che valide.”

Parlando di lotta, cosa distingue il judo da sport come la boxe?
“È tutto un altro mondo. Non ho mai fatto boxe, ma credo che non sia ampia e varia come un’arte marziale. Il judo è vastissimo, enorme, eterno. Anche gli ideali cambiano. Nel judo non si picchia per far male. La persona più importante è il tuo avversario, il tuo compagno, perché è grazie a lui che impari. Ti proteggo, perché imparo insieme a te. Le mosse (anche non intenzionali) che danneggiano l’altro sono ammonite pesantemente. Il judo promuove l’integrità fisica e lo sviluppo completo del corpo (sia la parte destra che quella sinistra). Non si diventa bodybuilder, ma si cresce armonici. Per esempio, io mi trovo meglio con le prese da sinistra.”

Questo sport ti ha cambiata?
“Assolutamente sì. Ho imparato a controllare la mia forza e i miei impulsi. Quando sei giovane il tuo avversario ti frega perché sei impulsivo e prevedibile. Ma con il tempo impari a conoscere i tuoi difetti e i tuoi limiti. Adatti la tecnica al tuo corpo e cerchi di sottolineare i tuoi ‘pro’, anziché preoccuparti dei ‘contro’. Credo sia un bel messaggio, soprattutto al giorno d’oggi. Impari a costruire relazioni paritarie. Non ti senti la vittima, la bella ‘bambolina’. Senti di poterti difendere e si accende in te un forte istinto di autonomia.”

Clarita Ferri  

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